LA MORTE DEL LEONE commento degli ultimi capitoli di Geremia, profeta del pianto. Crollava l’impero, nel modo che abbiam detto, e la sua anima di fronte a quel crollo si sentiva rabbrividire come se fosse impastata di carne. Roma era la civiltà e i popoli dilaganti ormai su tutte le terre di Roma erano la barbarie. «Se l’Aquila cade, della Croce che sarà?» Aveva davanti agli occhi il sacco di Alarico e inzuppava quelle ruvide coltri di pianto. Ma erano le lacrime del Leone. Lacrime e ruggiti... A quando a quando, poi, corrugava la fronte e su quelle rughe si proiettava come l’ombra d’una nube. — Il ricordo, forse, delle colpe che l’a-vean sospinto verso le petraie della Calcide? — Forse... Solo l’idiota si presenta spensierato al tribunale di Dio. Ma poi quella fronte si spianava come quella di S. Paolo e lui ripeteva le parole di quell’immortale : «Ho fatto della mia vita una buona battaglia, ho percorso il mio tratto 289 19*