le navi in ritirata con un ultimo saluto d'acciaio che le avviluppò di fumo e di vampe. Il aie il racconto che ho avuto a Ravenna. men­tre gli occhi moveano con nostalgia oltre la Dar­sena breve, verso il chiaro orizzonte marino. Or qui non è più dato d'accostarsi al mare. Porto Coraini è chiuso in un segreto impenetrabile. Sul canale del Naviglio dondolano adunati i velieri, dormono aggruppate le paranze. fianco contro fianco. quasi fossero già freddolose sotto il sol dell'Ottobre. Ma per le strade. per queste larghe strade dei quartieri novelli, per quelle strade anguste dei vecchi rioni su cui s'affaccian le chiese e guar­dano i campanili rotondi non è difficile incontrare a braccetto d'un fantaccino un marinaio cannon­ruere: uno di quei nostri marinai dall' andatura così simpaticamente spavalda. e dal volto tanto securo e sereno. E l'incontro avviene più volte, si fa in certe ore frequente. spesso. invadente. Tutta la città, è piena di questi soldati in grigio-verde ed in tur­chino-cupo. Tutti questi soldati dànno alla città un aspetto nuovo, impreveduto, consolatore. Le dànno un'anima nuova in cui tutta la sua essenza si trasforma e ringiovanisce: ben si può fare a meno, adesso. d'indugiar nelle chiese bizantine. nei mausolei vestiti di mosaici meravigliosi, nei sepolcreti pieni d'ombre e di glorie immortali. Per la prima volta si ha l'immagine dell'Italia vera. dell'Italia grande. Non sono, no, quelle so­lenni vestigia, quei sacT' edifici condotti 80vra architetture serene, que: sarcofaghi istoriati tra . o ­