ADDIO ROMA orreva l’agosto dello stesso anno di grazia, 385, quand’egli infilò l’Ostiense e mosse verso il porto. — Solo come uno di quei cani rognosi e randagi che qualche volta si vedono stanchi e avviliti per la via? No. L' accompagnava una folla di amici e di vecchi ammiratori. Si stringevano intorno a lui senatori di alta fama come Pam-machio ; sacerdoti intemerati come Oceano e gentiluomini santi come Donnione. Poi, retori, studenti, artisti e magistrati, senza fine. Mancavano solo le matrone e le vergini dell’Aventino, per ordine di lui rimaste in casa a piangere e a pregare. Aveva la bocca amara come se gli avessero allagato lo stomaco d’assenzio. Parla rado. Sbuffa. Risponde a monosillabi e, con le pupille accese, divora la via che non gli è mai parsa così lunga come oggi. Il trasporto, fermo su l’ancore, attendeva i passeggeri che, radi, attraverso il pontile d’imbarco, cominciavano a salire. 169