PLASMATORE DI ANIME s’aprono a cantare. Hanno il seno tutto allagato di grazia e son tutte verzicanti di gioia. Ma, siccome Dio s’è nascosto sotto i cenci della miseria, le signore dell’Aventino son tutte matrone gentili dei poveri. Marcella ha scritto sulla sua «vacchetta» i nomi dei miserabili più illustri del suo quartiere; Paola va a cercare i suoi sotto le soffitte dell’Urbe opulenta e cenciosa; Paolina fa «scìa e voga» intorno agli isolotti e scarica cibarie per i senza pane; mentre Blesilla, la dolce, la fine Blesilla, vuol baciare il primo cencioso che incontrerà per via. Egli è che ieri ha letto una lettera di Gerolamo (1), in cui stava scritto proprio così: «Capisco il vostro schifo davanti a certe piaghe, ma sollevo ai cieli chi, per forza d’amore, si mostra superiore a certi ribrezzi. Quell’uomo piagato e ributtante è vostro fratello». Non basta. Devono essere tutte colte e luminose. L’adorazione di Paolo non è forse per Dio più onorifica di quella di un idiota? E il prestigio che deriva dal sapere non è forse un mezzo per conquistare anime a Cristo? (I) Epi,t. LXXXIV. 156