— 97 — tra l’erbe. Dolce creatura ! E quando chinavi la testa sulla mia spalla, io ti tenevo il mento nella mano, t’accarezzavo le guancie e i fini capelli, e una tenerezza tremante mi prendeva non potendo io comprendere che tu eri mia. Piccola, piccola ! perchè m’hai fatto questo male ? Solo m’hai lasciato qui, dopo averti baciato. E ora non c’è pace più, in nessun posto, anima. Dove potremo nascondere la nostra amarezza ? Alziamoci e camminiamo con i nostri cotidiani passi lenti, in cerca della nostra solitudine. Il carso è un paese di calcari e ginepri. Un grido terribile, impietrito. Macigni grigi di piova e di licheni, sconforti, fenduti, aguzzi. Ginepri aridi. Lunghe ore di calcare e di ginepri. L’erba è setolosa. Bora. Sole. La terra è senza pace, senza congiunture. Non ha un campo per distendersi. Ogni £uo tentativo è spaccato e inabissato. Grotte fredde, oscure. La goccia, portando con sè tutto il terriccio rubato, cade regolare, misteriosamente, da centomila anni, e ancora altri centomila. Ma se una parola deve nascere da te — bacia i timi selvaggi che spremono la vita dal sasso! Qui è pietrame e morte. Ma quando una genziana riesce ad alzare il capo 7. ì