- n - La ìmilaria! Fecero la guerra a terribili sassate in Sanza, un’antica fortezza triestina diroccata, accanto alla nostra campagna. Li sentimmo urlare, correre, massacrarsi. Erano italiani e .negri. Vinsero gl’italiani. E uno d’essi scendeva col collo rotto e cantava cadenzatamen-te: — Ma intanto mi go vinto ! ma intanto mi go vinto ! lo vidi tutta la guerra abissina su una grande carta geografica che babbo aveva inchiodato nella nostra camerale ci spiegava, tenendo in mano il Piccolo, dove gl’italiani procedevano. Di sotto c’erano, a cavallo, con piume in testa e neri in viso, Menelik, ras Alula: e io gli bucavo il naso con lo spillo delle bandierine. Ero molto contento che gl’italiani vincessero. Credo d’aver pregato per loro. Allora credevo in Dio e pregavo ogni sera: « Padre nostro che sei nei cieli », e poi stringevo gli occhi, stavo fermo fermo, pensando soltanto quella persona che desideravo Dio amasse. E questo era pregare. E pregavo per la mia bella Italia, che aveva una grande corazzata, la più forte del mondo, che si chiamava « Duilio ». La nostra patria era di là, oltre il mare. Invece “qui mamma chiudeva le persiane alla vigilia della festa dell’imperatore, perchè noi non s’illuminava le finestre e si temeva qualche sassata. Ma l’Italia vincerà e ci verrà a liberare. L’Italia è fortissima. Voi non sapete cos’era per me la parola « bersagliere ».