— 50 — E io vado per le strade di Trieste e sono contento eli’essa sia ricca, rido dei cani frastornati che passano, dei tesi sacchi grigi di caffè, delle cassette quasi' elastiche dove fra trine e veli di carta stanno stivati i j)opputi a-ranci, dei sacelli di riso sfilanti dalla punzonatura doganale una sottile rotaia di bianca neve, dei barilotti semi-sfasciati d’ambrato calofonio, delle balle sgravitanti di lana greggia, delle botti morchiose d olio, di tutte le belle, le buone merci che passano per mano nostra dall’Oriente, dall’America e dall’Italia verso i tedeschi e i boemi. Se voi venite a Trieste io vi condurrò per la marina, lungo i moli quadrati e bianchi nel mare, e vi mostrerò le tre nuove dighe nel vallon di Muggia, fìsse neil’onde, confini della tempesta, costruite su enormi blocchi di calcare cementato. Per il nuovo porto minammo e frantumammo una montagna intera. .Mesi e mesi, furibondi squarciamenti che rintronavano l’orizzonte e s’abbattevano come il terremoto sulle nostre case piene di finestre. E piccoli vaporini, un po' su]>erbi del loro pennacchio di fumo, fa-cevan rigar dritte lunghe file di maone tutte pancia, — e dalla strada napoleonica si vedeva sfolgorar nel mare i carichi di pietra scintillante. Quest’è il quarto porto di Trieste. La storia di Trieste è nei suoi porti. Noi eravamo una piccola darsena di pescatori pirati e sapemmo servirci di Roma. servirci dell’Austria e resistere e lottare finché Venezia andò giù. Ora, l’Adriatico è nostre. Io avrei dovuto fare il commerciante. Mi piacerebbe di più trattare e contrattare che studiare i libri. "La bella cosa viva che è l’uomo! le sue mani che s’insaccoeciano per nascondervi i moti instintivi alle vostre parole, i suoi