II. COMPÌ OTTO 107 di Seraievo. Pasic l’aveva appresa nella prima quindicina del mese di giugno e di fronte alla strapotenza della « Mano Nera », pur paventando grandemente le conseguenze di un attentato contro l’arciduca ereditario Francesco Ferdinando, era rimasto assai imbarazzato e, dopo qualche giorno di esitazione sul da farsi, l’aveva comunicata ai colleghi del governo prospettandone i pericoli che potevano derivarne. l>a sua decisione di ostacolare, per quanto fosse possibile, il piano dei congiurati aveva trovato il pieno consenso degli altri ministri. Ma i congiurati avevano già passata la frontiera ; la Mano Nera », che nutriva profonda avversione per Pasic, opponeva una resistenza passiva dichiarando che non poteva far nulla per arrestare il corso degli eventi. Dopo qualche incertezza Pasic, debole vergo la Mano Nera » c convinto che agendo su di essa non sarebbe riuscito ad evitare il complotto, tentò di scongiurare la partenza dell'arciduca per Seraievo e telegrafò al ministro serbo a Vienna perchè avvertisse in qualche modo Berchtold dei pericoli chc potevano minacciare la vita dell’arciduca ereditario e gli prospettasse l’opportunità di sospendere quel viaggio. Ma nell'un caso e nell’altro le mezze misure ed il fatalismo orientale di Pasic non giovavano ad evitare la catastrofe. Pasic si dibatteva tra due timori: quello del complotto e quello delle ripercussioni chc avrebbe potuto avere una sua precisa denuncia di esso. La Mano Nera », con le sue minacce e con le sue vendette, costituiva il suo incubo. Pasic avrebbe voluto impedire il complotto, ma nello stesso tempo egli — che non si dimenticava le sue origini rivoluzionarie — non osava e non voleva denunciarne apertamente l’esistenza per non rendersi responsabile delle misure di polizia che a-