238 LUCIANO MACRINI furore selvaggio tutto il mondo dell'IsIam contro questo odioso popolo di bottegai, mentitore e senza coscienza. Poiché se noi dobbiamo perire, bisogna che l’Inghilterra perda almeno le Indie ». L’imperatore, turbato, appariva indeciso; il cancelliere spaventato propugnava un’energica pressione a Vienna per indurre l’Austria ad una politica conciliativa che evitasse la guerra; lo stato maggiore, di fronte alla mobilitazione russa, chiedeva la più rapida entrata in campagna, solo mezzo di preservare lo stato da una catastrofe. Onde, immediatamente prima dello scoppio della guerra, si ebbero le apparenze più contradditorie, determinate dalle due tendenze opposte in lotta che volevano indurre l’imperatore ad una decisione: da una parte la pressione sull’Austria per il mantenimento della pace; dall'altra la mobilitazione e le dichiarazioni di guerra. A mezzogiorno del 30 luglio l’ambasciatore a-Vienna riceveva dal cancelliere dell’impero comunicazione del telegramma di Lichnowsky,iconte-nente l'avvertimento di Grey, col seguente commento: «Se l'Austria declina ogni mediazione, noi siamo dunque in presenza ad una conflagrazione, nella quale, secondo tutte le apparenze, l’Italia e la Romania non sarebbero con noi; noi ci troveremmo dunque entrambi in opposizione a quattro grandi potenze. Con la partecipazione della Inghilterra il peso principale della lotta peserebbe sulla Germania. Il prestigio politico dell’Austria, l'onore delle sue armi e le sue rivendicazioni giustificate verso la Serbia, potrebbero essere sufficientemente salvaguardate dall’occupazione di Belgrado o di altre località. Con l’umiliazione della Serbia la Monarchia rinforzerebbe la sua posizione tanto nei Balcani quanto verso la Russia. In que-»