260 LUCIANO MAGRINI seguenze che sarebbero derivate dal non tener conto dell'ingiunzione tedesca. Io ripetei la risposta ¡»recedente. L'ambasciatore, traendo di tasca una carta piegata, mi ripetè con voce tremante la sua domanda per la terza volta. Io gli dichiarai che non avevo nulla da aggiungere a quello che gli avevo già detto. Profondamente sconvolto, l’ambasciatore mi disse allora con visibile sforzo : « In questo caso io sono incaricato dal mio governo di rimettervi la nota seguente ». Con mano esitante egli mi tese il foglio che conteneva la dichiarazione di guerra. Essa conteneva due varianti intercalate nel testo per un'inavvertenza dell'Ambasciata di Germania. Dopo avermi consegnata la nota, l'ambasciatore, al quale era visibilmente costato molto il compito di assolvere la sua missione, perdette ogni dominio su di se ed, avvicinatosi ad una finestra, scoppiò in pianto. « Chi avrebbe potuto prevedere che mi sarebbe occorso di abbandonare Pietroburgo in queste condizioni!» ripeteva alzando le braccia al cielo. Malgrado la mia emozione, che riuscii a padroneggiare, io mi sentii preso da una profonda pietà per lui e ci abbracciammo prima che egli, di un passo mal fermo, abbandonasse il mio gabinetto ». Parecchie ore prima di rivolgere la triplice intimazione a Sazonof, alle ore 10 del mattino, l'ambasciatore tedesco, nell'intento di salvare la pace con una diretta pressione sullo zar, aveva fatto consegnare una sua lettera al conte Freedericks, nella quale, dopo aver detto che la situazione era divenuta estremamente grave e che egli cercava con lutti mezzi di impedire una sciagura, poiché una guerra sarebbe stata un'enorme pericolo per tutte le monarchie, gli comunicava il passo fatto nella notte presso Sazonof. « Se la Russia non ci dichiara