IL DRAMMA DI SEBAIEVO 127 minareti e campanili; centro sismico delle aspirazioni serbe e dell’impero austro-ungarico! Sotto la doppia maschera delle dissimulazioni e delle apparenze balcaniche e viennesi pareva che Seraievo assommasse il fato dell’oriente al fato dell’occidente in un oscuro enigma di guerra. La crisi dell’annessione aveva già avvolto il suo nome in lunghe ombre di guerra; ma se nel 1909 la pace aveva potuto essere salvata, i fantasmi di guerra non avevano abbandonato questo punto sensibile della scena europea. La piaga rimaneva aperta; il dissenso austro-serbo si approfondiva sempre più e nel nome di questa città bramata raggiungeva le note più acute che si rifrangevano in inquietanti squilli di guerra. Al mattino del 28 giugno, prima di intraprendere la breve corsa in automobile da llidze a Serajevo, Francesco Ferdinando spediva, anche a nome della duchessa di Hohenberg, un telegramma ai propri figliuoli nel quale diceva che entrambi stavano benissimo e gioivano al pensiero di riabbracciarli al 30 giugno. Furono le ultime parole scritte dall’arciduca. Poi incominciò il suo viaggio verso hi morte. La giornata era piena di sole. Seraievo attendeva l’erede del trono tutta addobbata a festa con bandiere, archi di verzura e tappeti. Il corteo era composto di cinque automobili alle quali seguiva una sesta di riserva. Precedeva, come guida, il sindaco ili Seraievo. Seguiva l’automobile recante l’arciduca, la duchessa ed il maresciallo Potiorek governatore militare della Bosnia-Erzegovina. Non aveva certo il Potiorek motivi di gratitudine per l’arciduca ereditario. Nel 1906 il Potiorek, generale d’artiglieria, considerato come il miglior stratega della monarchia, era stato proposto a capo dello