La Camerata fUmntina t Claudio MonUverdi SS Ma In suprema grandezza di Monleverdi, quella ohe lo af-i rateila spiritualmente a Michelangelo, a Q. S. Barh, a Beetho-ven, a Wagner e a Verdi, sta in quella intensità dell'ispirazione, in quella concentrazione d’umanità che fa di lui uno dei massimi cantori del dolore, a cui l’anelito inesausto e sconfinato della sua immensità interiore imprime un ritmo trasfigurante di purificazione, che converte i torbidi fermenti della vita pasaionale in purissima armonia di forma, e dalla tragedia placata e rasserenata trae gaudi estatici, splendori divini, presagi di mirifiche assunzioni. Vi è in lui un impeto e una pienezza, un ardore e un vigore da cui si sprigiona il sentimento di un'indomita forza creatrice, dolorosamente protesa verso le {»alenanti immagini di un’arte fatta di pensieri lapidari, incarnati in forme luminose ni intangibili; vi t un'aspirazione incoercibile del terrestre e dell'umano a redimersi dalla caducità, ad attinger«* sfere di superiore bellezza, dove la natura è come assunta in gloria, e la vita si fa raggiante; vi è il cristiano e il pagano, la passione ed il augno, lo slancio irrefrenabile verso là vita e l'ansia del celeste e del divino. Basta |M*mare ad aldine pagine che di lui ci rimangono, rame quel Lamtnlo d'Arianna in cui la commozione ai effonde con ineffabile purezza e intensità, e dove è mirabilmente espresso il conflitto fra un implacato desiderio di vita e la ferrea inesorabilità d'on destino di morte elle passa nel l'alto canto, trasmutato, per virtù dell'arte, in essenza suitiime che l'anima può accogliere senza soffrirne; mentre le singole parole, sciolte dai limiti angusti d'una significazione esatta, si cangiano in note eterne d'amore e di dolore, indefinitamente rivelatrici. I lineamenti morali della personalità di Monteverdi ci rivelano una grande bontà di cuore, una sensibilità delicata e vibrante, maniere amabili e distinte, una cura costante, tenera, appassionata dei suoi due figli, un profondo sentimento religioso, che gli fece vestire l’abito sacerdotale dopo la peste del 1630, a cui va congiunta una fede senza limiti nella propria arte e un ardore infaticabile neU'allatgarae il dominio e accrescerne il potere per la gloria di Dio e la sua propria felicità. Dalla sua corrispondenza sorge l’impressione d’una intelligenza vivace, pronta a cogliere il punto essenziale d’una questione. Il suo stile epistolare è prolisso, ma pieno di buon senso e irnrótibile nelle argomentazioni. «• — (*pri