224 La mwriea Mirra in Italia nel »reolo X VII con una continuità tutta fusa e coerente nella curva della loro spiritualità, senza arresti e fratture, senza soluzioni e lacune; avrebbero sentito che, solo mediante una scelta accuratissima dei materiali sonori e un’accorta collocazione di essi, solo mediante un vigile e acuito senso dell’esigenza architettonica, potevano nascere certe toccate frescobaldiane, d’una struttura cosi classicamente euritmica, limpide come una tersa goccia d’acqua, infinite nel sentimento, esatte nella misura e nel ritmo, dove il disegno reca in uè i suoi limiti invalicabili e dove la composizione ha In compiutezza sferica del capolavoro. Bisogna, quindi, scagionare la musica italiana del seicento dall'accusa di regresso, di semplicismo, di balbettamento infantile con cui critici autorevoli, come il Combarieu, l’hanno gratuitamente marchiata, e ritenere la conquista dell'espressione monodica e quella che necessariamente ne eou-seguì e ne doveva conseguire della concezione non più orizzontale e polifonica, ma verticale e armonica delle parti d'accompagnamento, fuse nell’accordo e affidale agli strumenti, itimc un fatto d'importanza capitale che segna il passaggio dal medioevo all’età moderna della storia musicale. Certo, questo passaggio implicava la rinuncia a un’agglomerazione di parti che, in molti casi, era stata espressione di una magnifica pienezza di pensiero e di sentimento, e nella quale i riformatori fiorentini, unicamente preoccupati della intelligibilità del discorso {»etico, non videro che un apparato ingombrante e superfluo, giungendo nel loro rigore con-sequenziario a ripudiare una tradizione gtorkma e vetusta di opere e di smoli. Questo rigido distacco dal passato, dovuto alla negazione assoluta, intransigente, esclusiva, propri* di tutti ì movimenti reazionari rispetto all'ordine di rose e di valori che mirano a soppiantare e sradicare, se portò i primi monodtsti a una certa aridità e secchezza di procedimenti, ebbe però il vantaggio di affermare energicamente il nuovo principio e di farlo prevalere; e, ad ogni modo, non può mere considerato come una limitazione restrittiva delle possibilità creative operanti nella musica italiana del secolo XVII, ma unicamente come la caratteristica dei primi iniziatori del melodramma, nei quali l’intento programmatico predomina sulla genialità inventrice, e la teoria pregiudica il risultato artistico; tant’è vero che la vitalità e fecondità