SS	/.<i Camerata fiorentina e Claudio Monte verdi
determinato concetto del mondo e della vita, sorta da particolari esperienze autobiografiche (pessimismo àM’Anello del Nibelungo, annientamento nell’amore del Tristano, autoapologia dei Maestri Cantori, redenzione attraverso il dolore e la colpa di Parsifal, e così via), ma è unicamente e semplicemente l’uomo. Il quadro del dramma wagneriano è la leggenda, e i suoi protagonisti sono eroi, esseri simbolici in cui »’incarna lo spirito d’una razza e si riflettono i principi del pessimismo metafisico di Arturo Schopenhauer; l’eroe di Monteverdi è quello d’Aristotele, l’uomo normale, in tutto simile a noi nell’anirao e nel cuore. Tutta l’opera sua ò profumata d’ellenismo; è un’arte che si compiace delle lagrime e del dolore, ma si ritrae dinanzi all’orrendo, al truce, alle situazioni violente e orripilanti, così da indurlo a ricusar di musicare il Narciso di Rinuccini perchè troppo violento.
   L’allegoria ed il simbolo non entrano nel dominio di quest'arte; c non vi entrano il fantastico, il meraviglioso, il soprannaturale. Lo vediamo dalle critiche interessanti che Monteverdi muove ad un libretto di Scipione Agnelli (Petto e Tetide, favola marittima), che nel 1616 gli era stato inviato dal Duca di Mantova, Ferdinando, per essere musicato. Si tratta d'una bizzarra fantasmagoria in cui sfila un corteggio di mostri, di tritoni, di sirene, di venti, d'amoretti, di zoflìretti. Com’è possibile — si chiede Monteverdi — che questi ippogrifi e queste chimere possano commuovere le passioni f Arianna commuove perchè è una donna, Orfeo perché è un uomo; un vento, un mostro non possono commuovere. Arianna ci fa piangere, Orfeo ci fa pregare. Ma che significato può avere quest'operaf Come può il musicista far cantar»» i venti se i venti non cantano! Non v’è nulla da fare qui per la musica (')•
   (')	id Atawamlro Striscio che gli tmi mandato II libretto
•Irli’Agnelli con l'incarico di mnniario:
    « IUmo mio Signor* ri padron ColUndiaatmo.
               « Ho ricavato con ogni tlktras* dal Signor Carlo De € Torri In Mura di V. 8. Ili ma. ri il librettino contenenti la favola ma t rittima dallo aoue di Tvtide; V. 8. mi arrivo ri» Lai m* la manda a « ciò la vtgga diligati torneai* et dopo gliene scriva II parer mio dovendoci « ponre In maaiea per «errimene nelle fatare none di 8. A. 8.: Io « IUmo Signore eh* altro non dcaldaro ci»« vaWre ia qaateka ooaa par