408 La mtmca strumentale e religiosa tavolozza, il colorismo, la magnificenza decorativa, il senso drammatico dei maestri italiani, gli acquisti accumulati in lunghi anni d’esperienza, attraverso le lotte e i travagli della vita. La sua anima, scavata dalla riflessione, fecondata dal dolore, arricchita dall’amore, divenuta col volgere del tempo più intensa e più vasta, esprime i sentimenti con mirabile vigore, narra le sue visioni con stupenda efficacia, mostrando chiaramente ch’egli non scriveva soltanto per appagare il gusto d’un principe mecenate, ma per far intendere la sua parola alta e serena a tutta la cristianità. Verso il 1648 Schütz, che non ha mai cessato di vagheggiare un’arte nazionale, assiste con un senso di profonda mestizia al dilagare del virtuosismo canoro proveniente dall’Italia, idoleggiato dal pubblico, dai dilettanti e perfino dai musicisti di professione, che non esitano a sacrificare ogni velleità d’indipendenza, ogni bagliore d’incipiente originalità, pur di camminare nel solco luminoso dell’opera italiana. L’avviso al lettore che Schütz prepone a guisa di prefazione alla raccolta di mottetti pubblicata dopo le sinfonie sacre col titolo di Geistliche Chormusik, è un manifesto che sprona i connazionali a fortificarsi contro tali seduzioni, ad abolire i lenocini e gli artifici del vuoto formalismo canoro e a rivendicare i diritti della tradizione musicale tedesca, contras-segnata da caratteri inconfondibili, dopo che la riforma luterana l’ebbe staccata dalla compagine del fiamminghismo contrappuntistico, individuandola e assegnandole una sua orbita di attrazione e di rotazione. Da quel momento i tedeschi ebbero tutto un complesso di modi, di caratteri, di atteggiamenti inventivi e immaginativi essenzialmente propri, che lo svolgimento ulteriore del linguaggio musicale venne sempre meglio precisando e determinando, e ai quali Schütz vuole rifarsi per approfondirli, potenziarli, farne la base di consistenza d’una grande arte nazionale. L’ideale artistico e l’ideale patriottico si fondono nell’intimo del suo spirito in un sol palpito di passione e di fede. Egli non biasima che s’invitino alle Corti i maestri stranieri. Il suo debito verso la cultura italiana era troppo grande perchè egli potesse misconoscere i vantaggi d’un reciproco scambio d’influssi e di orientamenti fra i diversi paesi. Come per tutti gli spiriti veramente grandi, la rivendicazione nazionalistica non si disgiunge in lui da quel senso profondo dei valori universali