L'opera in Germania 347 dello spirito si degradano, piegandosi ai compromessi e agli adattamenti della moda imperante, che impone i suoi capricci dispotici e le sue fittizie e fattizie convenzioni. Questo appunto si verifica in Germania nella seconda metà del seicento, facendo prevalere l’opera italiana, non nella sua forma più alta e progressiva, quale l’avevano foggiata Monteverdi, Cavalli e Cesti, ma sotto l’aspetto più vacuo e fastoso. In Baviera essa fu introdotta dai gesuiti, che ne avevano fatto un mezzo di edificazione morale piacevole ed allettanti1. Nel 1653 venne offerto a Monaco il primo saggio del nuovo stile drammatico-musicale : l'Arpa Festante del padre G. B. Maccioni, poeta, compositore, virtuoso d’arpa, critico e diplomatico. Il libretto di quest’opera segna il trionfo della fatuità cortigiana e di quella passione per le sottigliezze allegoriche, fatte unicamente per mettere in gioco tutte le forze dell’intelletto, senza indirizzarle a un degno scopo, per il piacere affatto sterile e puerile di esercitare il pensiero a vuoto. La musica è l’elaborazione composita d’un dilettante, al corrente dei procedimenti di Cesti e Monteverdi, ma senza alcuna traccia di personalità. L’anno seguente, la principessa Adelaide di Savoia, duchessa di Baviera, musicista appassionata, fece rappresentare la Ninfa Ritrosa su libretto di Pietro Bonarelli, a cui appose le note un musicista sconosciuto; e lo stesso anno venne rappresentato un torneo con soli e cori, che s’intitolava Mercurio e Marte discordi, d’autori ugualmente ignoti. Fino dall’arrivo della principessa Adelaide a Monaco, s’era progettato di sostituire alla sala d’Èrcole, dove abitualmente avevano luogo le rappresentazioni teatrali, una nuova sala di spettacoli, che nel 1657 venne innalzata sul modello del teatro palladiano di Vicenza, e inaugurata con l'Oronte su libretto del castrato Sorlisio. Per il teatro bavarese lavorò anche Johann Raspar Kerll, che ebbe come librettisti gl’italiani Giorgio-Giuseppe Alcaini, il marchese Pallavicino, Gisberti e Sbarra. Ma la musica delle sue opere è perduta, e i libretti non sono che un tessuto di adulazioni grossolane e d’insulse allegorie, sebbene non manchi in qualcuno di essi il tentativo di far rivivere quadri storici ed evocazioni della leggenda germanica o scandinava. L’italianizzante Kerll ebbe per successore l’italiano Ercole