302 Siútica cameristica, orcheetrale e religiosa consistono nell« ricerca dell’espressione pittoresca e patetica, c nell'abbondnnza e sovrabbondanza deH’ornamentazione. Le trascrizioni di |>ezzi, originariamente scritti [ter voci, sono presto abbandonato dai liutisti francesi; mentre, d’altrn parte, le forme del ricercare e della fantasia, praticate comunemente in Italia, restano loro completamente ignote. La forma abituale di composizione da essi trattata è l’aria di danza, con le sue ritmiche simmetrie e i suoi periodi ricorrenti. In seguito queste danze, pur conservando il loro taglio tradizionale, nssumono titoli letterari, imitativi e descrittivi, o pretendono illustrare un programma, dipingere paesaggi, imitare le voci della natura, fornire la rappresentazione immediata o riflessa, colta dal vivo o contraffatta dall'intenzione caricaturale. E allora il liuto non basta più. Occorre una tastiera che consenta effetti più complicati, sonorità più varie, passaggi più rapidi e sottilmente intarsiati e rabescati. Come sempre accade, la trasformazione tecnica presuppone ed implica una esigenza spirituale che la determina, e senza la quale non si spiega e non si giustiflca. Lo stesso avverrà in capo a uii secolo quando le mutate disposizioni interiori, non trovando più adeguati mezzi di espressione nelle esaurite risorse del clavicembalo, daranno origine alla tecnica pianistica. Ma prima della nascita d’una letteratura propriamente clavicembalistica, il liuto ha già compiuto in Francia tutta una lunga parabola evolutiva ed ha avuto innumerevoli cultori. Oli scritti dei poeti e dei cronisti medievali, recanti frequenti menzioni di questo strumento, accom|>agnatc talvolta da indicazioni sul suo impiego e, più raramente, da dettagli sulla fabbricazione di esso e il modo deU'esecuzione; i monumenti delle arti grafiche e figurative da cui si ricavano dettagli sulla sua forma e sulla parte che gli era assegnata nella vita pubblica e privata; i bilanci delle camere e delle cappelle reali e principesche, che dal secolo XV cominciano a indicare i nomi di aldini liutisti che, per tal guisa, non vanno più confusi con la moltitudine anonima dei menestrelli; e, finalmente, dalla fine del quattrocento, le opere stampate dai liutisti compositori, sono altrettante fonti che consentono di ricostruire, in modo abbastanza preciso e dettagliato. il quadro dell’arte liutistica francese. Agli inizi del regno di Enrico II, e precisamente nel 1547,