388 L’opera in Germania qualche mecenate che gli avrebbe procurata la tranquillità necessaria al lavoro. Caduta l’opera di Amburgo, Keiser, perseguitato dai creditori, dovette sparire per due anni dalla città e darsi a vita errabonda, durata dalla fine del 1706 al principio del 1709. Contemporaneamente alla direzione dell’opera, egli dovette lasciare quella dei concerti, che dal 1700 organizzava con grande successo e che avevano acquistato grande popolarità. Ma la tenacia della sua volontà, congiunta a una certa elasticità e adattabilità di temperamento, lo salvò da un naufragio totale, serbando invulnerate le sue migliori energie. Le sventure e le avversità, pur non avendo su di lui e sulla sua arte alcuna efficacia rinnovatrice e fecondatrice, come avviene di solito per le nature dotate di alti sensi umani e di gagliarde facoltà passionali ed affettive, lasciarono però intatta e inalterata la tempra spirituale del suo mondo interiore, simile anche per questo suo carattere d’inalterabile serenità e di pacata euforia, a quello mozartiano; e non andò molto che Keiser potè rientrare ad Amburgo, dove dal 1710 al 1717 fece rappresentare ben 21 opere nuove, a cui bisogna aggiungere numerose cantate e passioni, preludenti al genere della passione drammatica immortalata da Baeh. È questo il periodo più fecondo della sua attività, in cui bisogna segnalare come degni di particolare rilievo : Orphens (1709); L’Inganno Fedele (1714); in cui si trovano arie e dialoghi che anticipano forme caratteristiche di Bach, e cori in cui trascorre un presagio dell’ardore e della grandiosità di Haendel. Grandissimi pregi sono pure attribuiti dal Rolland al Croesus (1711), e particolarmente alla ouverture in tre parti, in cui il critico francese erede scorgere analogie con l’ios et Galathée di Lulli. Il Rolland addita come specialmente notevole il coro che segue immediatamente [’ouverture, dove le voci e i violini tracciano ampi disegni, rinforzando le squillanti sonorità delle trombe, mentre i bassi procedono con larghe volute di carattere eroico, e un breve e delizioso preludio strumentale per oboe, violino, violoncello e fagotto, oltre a parecchie arie in cui respira la tenerezza e la maestà di quelle liaendeliane, o si preannunciano le linee armoniose e le proporzioni euritmiche di Gluck ('). Vivo (■) R. Rolland: Les Origines de ¡’Opéra Allemand; nella « Ency-clopédie de la Musique» del Lavignac (1912).