128 Ihffwriont e tra* formazione del melodramma irrita a Perii. A Scarlatti non restò di meglio che ritornar« a Napoli, dove nel 1708 riprese il suo posto di maestro di cappella reale, e dove l’anno seguente fu nominato maestro nel Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo. Da quel momento scrisse un gran numero di oratóri, cantate ed opere per Napoli e Roma, dove i teatri musicali si erano riaperti, componendo altresì molti lavori di circostanza per anniversari principerei e solennità politiche. Nel 1716 fu nominato cavaliere dal Re di Napoli; e dal 1718 al 21 fu nuovamente a Roma, pur conservando il suo posto alla Corte napoletana. La sua ultima opera fu Gritelda, rappresentata a Roma al teatro Capranica nel 1721. Tornato nuovamente a Napoli dopo un pellegrinaggio a Loreto, vi rimase tino alla sua morte, avvenuta il 24 ottobre 1725. Iji fama di Scarlatti s’era diffusa oltre i confini italiani. Nel 1724 Adolfo Hasse, detto dagli italiani « il caro sassone », che divenne uno degli operisti piò fecondi e più applauditi del settecento, venne alla sua scuola. Nel 1725 il celebre flautista Quantz, maestro di Federi«» li, si recò a fargli visita. Il giovane Haendel, durante il suo soggiorno italiano, approfittò dei consigli di Scarlatti; ed è sintomatico ciò che verso il 1770 Hasse diceva ancora al Burnev : * Scarlatti è il primo armonista d’Italia, cioè del mondo ». Nel primo periodo romano, che va fino al 1684, Scarlatti subisce palesemente l’influsso di Stradella, pur evitando gli eccessi ornamentali di quest’ultimo. Il teatro lo abitua alla concent razione ed alla ricerca d’una efficace immediatezza di effetti. La sua fibra genuina d'operista si rivela fino da principio nella fona drammatica dei recitativi, a cui va congiunta la densità e Mstaniioaità della trama armonica; dov'è sensibile l'influsso di Provenzale. Nelle opere del primo periodo napoletano (1684-1702), consegne una perfezione un po’ rigida ed esteriore, specie nelle arie in coi impiega quasi invariabilmente la forma col « da capo », che lasciava adito alle variazioni dei virinoci, ormai spadroneggiarti. Dent crede riconoscervi l’influenza di Gian-Battuta Bottoncini, che veno il 1700 era il musicista pii) di moda in Italia e all'estero. Nelle omrtrture* comincia a stabilire il piano della forma a tre movimenti a cui s'è accennato: 1: rapido; 2: grave (poche battute); 3: balletto, caratteristico di tutte le oMcerfNrcy scarlattiane (ordinaria-