47 tra il pensare ed il fare e decise di venirmi a trovare. Ne ebbi un grande sollievo, guarivo a grandi passi, oppure questa era la mia sensazione. Fra qualche giorno lo avrei riabbracciato ; non Io rividi più da quel 9 maggio in cui partii richiamato e che mi diede l’ultimo bacio. Forse l’attesa di rivedermi era più forte della mia ansia che avrebbe sovrastato ogni ostacolo. Il 20 gennaio 1916 sarebbe arrivato, passai la notte insonne trepidante e con lo sguardo rivolto all'entrata della corsia. Nessuna anima viva. Nemmeno il mattino mi portò la gioia agognata. Pensai ad un consueto ritardo dei treni ; anche al disbrigo delle formalità a Udine, per entrare in zona di guerra ad un non soldato, sarebbe dipeso questo lungo ritardo. Ma ben altre furono le ragioni che, arrivato a Cividale, lo spinsero fuori rotta tramutando poche diecine di minuti di cammino in una deprimente odissea. Sceso infatti a Cividale al calar della sera non gli fu possibile sapere dove si trovava l’ospedaletto 032 ; qualche malintenzionato l’ha spinto fin quasi a Caporetto. Vagò nella notte senza direzione ma con una sola meta in cuore ; l’ospedaletto 032, il suo Giovanni. Nessuna notizia affermativa, nessuno sapeva ov’era. Eppure da Cividale non distava che due chilometri. La notte fonda lo trovò stanco e spossato. Decise di ritornare a Udine per schiarimenti all’Ufficio Sanitario principale di zona, ma un fuocherello poco discosto dalla strada attirò la sua attenzione. Lo raggiunse ; qualche soldato che ivi passavano la notte lo accolsero bene e lo rifocillarono. Esternò loro il suo caso ed attese il mattino. Consigliato pure dai medesimi a non avventurarsi più oltre riprese la via del