24 Maggio. L’ansia che precedette i nostri giorni a Brizza di Savogna, frontiera di Mataiur, mentre gli eventi si facevano man mano più palesi, è troncata il 23 notte allorché in noi tutto era predisposto e tutto si intrav-vedeva. Eravamo ormai in armi, la guerra era dichiarata e non si attendeva che 1* ordine di avanzare ; l’ordine che ci doveva portare avanti, avanti verso la gloria, verso un futuro che forse non avrà riscontro in tutte le guerre dell’indipendenza italiana. Non si dormiva dalla notte precedente. Eravamo pronti al comando di: avanti, ragazzi! dato dal nostro comandante, capitano Emanuele ; un bel tipo di soldato piemontese, cui nulla faceva difetto, la cui gagliarda fierezza rinfrancava in noi quel coraggio che già ci aveva infuso nei pochi giorni che precedettero questo sacramentale avanti. La notte era ancora fonda, cupa e silente. Solo il canto di qualche usignolo rompeva a tratti questo mutismo, mentre abbagliati dalla visione della vittoria, che ci pareva vicina, movemmo il piede verso le prime conquiste, schiudendo il cammino verso quella meta che l’Italia agognava e che il secolare nemico teneva stretto, come per dire al mondo che l’impero degli Asburgo era inviolabile, anche nei suoi atroci misfatti. Troppi fratelli gemevano sotto questo dominio imbelle per non sentire in noi quella forza di liberazione, mentre la visione di Trieste