27 Quanti sacrifici di vite siano costate queste schermaglie è cosa che si può ben immaginare più che descrivere. Continui rinforzi intanto ci giungevano dall’interno onde rinsanguare i nostri contingenti che, quasi stremati, resistevano ed attaccavano con bravura. Dalle nostre posizioni di piccoli posti non vi era che l’orecchio per spiare il nemico; chi si rizzava per scrutare difficilmente aveva salva la vita. La terribile muraglia del lavorcek restava sempre inviolata contro ogni prova. Fummo consci dell’inutilità di questi attacchi che, se anche mettevano in nuova luce tutto il valore del soldato italiano, non ci procuravano che amare sorprese e perdite ingenti. A piccoli scontri seguiti da violenti raffiche di fucileria entrava in scena sinistramente il cannone. Così fino all’11 settembre. Il 12 arriva con l’ennesimo attacco da parte delle nostre truppe. La lotta si accende subito violenta. Gli alpini si battono sul Rombon, il 12° Bersaglieri attacca il grande lavorcek ed il 9° tiene a bada gli austriaci sul piccolo lavorcek. Il risultato però effimero ci fa desistere per qualche giorno in attesa di migliore successo. Il 18 si ritenta, ed il 6° Bersaglieri paga in quel giorno, con un generoso tributo di sangue, una azione che parve in principio aver l’esito sperato sull’altura del Ravanik. Alla sera gli austriaci forse per demoralizzarci lanciano bombe incendiarie su Cer-zoca ed anche questo paese subisce la sorte di Plezzo. Anche la piccola chiesa che raccolse tanti fedeli è distrutta. Noi pensiamo che Dio non perdonerà a questa setta di distruttori castigandoli con la sconfitta delle loro armi.