22 Appena scortala pensammo subito che fosse una grazia di Dio e non ponemmo tempo in mezzo ad abbatterla e convertirla in arrosto e costolette. Il bersagliere Materasso si offerse per acciuffare l’ignara bestiola. Nella sua Sicilia ne aveva guidate tante al pascolo che di pecore se n’intendeva a meraviglia, e forse si sarebbe fatta catturare ad un suo semplice richiamo. Affidando a lui l’onore della preda sorrise di gioia. A passi lenti e quasi a carponi cercava di diminuire la distanza che lo separava e già forse se la vedeva caricata sulle spalle come il suo più bel bottino di guerra. Ma man mano le si avvicinava, la pecora, scortolo, scendeva paurosa per poi fermarsi al primo cenno di sosta del suo inseguitore. Alle nostre risate ed ai cenni di sbrigarsi diede mano al fucile e sparò sulla sua designata vittima tutte le cartucce che aveva nelle giberne. Spaventata ma senza essere colpita, la povera bestia si diede alla fuga. Compresi allora che le pecore di Sicilia erano più docili di quella che ci stava per sfuggire. Piazzai il mio fucile e con un colpo la fulminai. Facile gli fu allora il raccoglierla ma difficili quei duecento metri che gli restavano per salire l’erta scabrosa trascinando l’innocente vittima. Quando ci raggiunse aveva gli abiti a brandelli e lo accolse il coro delle nostre risate quale premio dei suoi capitomboli. Una comica incursione. Benché fosse il 17 agosto aveva fatto sul Polounik la sua prima comparsa la neve certamente non gradita e nemmeno incoraggiante per chi si apprestava