63 alla sua mamma che forse nella notte 1’ avrebbe sognato nel sogno della sua gloria. Frontiera Nord. Dopo quasi due mesi di degenza in un ospedale di Abano, nei pressi di Padova, ne fui dimesso il 30 novembre per il convaliscenziario di Spinea, luogo non certo adatto come riposo di convalescenza. Sentivo in quella monotona vita una depressione scoraggiante sì che dopo pochi giorni ottenni di rientrare al mio Battaglione. Questo avveniva nella prima decade di dicembre e, benché dalla mia gamba ferita non fosse del tutto scomparso il gonfiore, mi trovavo bene come in antecedenza. Lo trovai un po’ mutato di uomini, pure il tenente Garzo ed il tenente Martini non erano ancora tornati dopo le loro ferite del 12 ottobre a quota 144. Mi parve un po’ dura la ripresa ma mi assoggettai presto alla nuova vita, dopo il tempo trascorso ad Abano ove fui circondato da ogni cura. Trascorso intanto il Natale come lo si può trascorrere in guerra, e per di più sul Carso, cominciò a prender posto tra noi la voce di un lungo riposo in una città della Lombardia. I battaglioni ciclisti avevano in questi primi diciannove mesi di guerra, già dato prove luminose del loro ardimento, ed avevano inoltre dato un largo contributo di sangue. Il 5 gennaio 1917 infatti quello che tanto si era vociferato era un fatto compiuto. I dodici battaglioni dovevano essere trasferiti alla frontiera nord e, spinti in bicicletta fino a Fossalta di Portogruaro, caricato il materiale su treni speciali prendevamo la via della