35 raggiunti, rispettando la consegna. Decisi però nel-l’oscurità di far ritirare i miei uomini. La mossa riuscì, ma ritornai con un caro compagno di mene. Il bersagliere Marzatico di Lodi era caduto eroicamente sotto i miei occhi nel pomeriggio e fui impossibilitato a soccorrerlo. Io pure avevo avuto una ferita alla gamba destra da una scheggia di pallottola esplosiva che se anche di poca entità fu necessario il mio ricovero in un ospedaletto a Ca-poretto. Sorte non migliore intanto aveva avuto la 5a e 6a compagnia benché in quella giornata brillò più vivida che mai tutta la gloria del 9° Reggimento Bersaglieri. Partite all’attacco contemporaneamente alla azione della 4a compagnia raggiunsero, benché le perdite fossero state rilevanti, alle ore 10 le trincee austriache e vi irruppero come demoni. I difensori finsero la resa, e già balenava nel cuore del 30° battaglione la conquista che sempre parve impossibile. Ma in una trincea retrostante vi covava il tradimento che valse al nemico di mantenere sua la leggendaria vétta del piccolo Iavorcek. Sopraffatti, se non dal numero, dalla veemenza dei bersaglieri che trafiggono con le loro infallibili baionette, ricorrono al più indegno ed inumano dei mezzi : il gas asfissiante. Questo ha avuto su tutti i contendenti il suo effetto ma più deleterio per i nostri, sì da dover abbandonare quella vetta che era stata conquistata ad alto prezzo di sangue e che mai più sarà espugnata. Così si chiuse una giornata che forse non ha avuto precedenti nella Conca di Plezzo.