54 simo però sempre stati buoni amici, non si placò questa rivalità che, anzi, decidemmo rimandare la decisiva non appena guariti dalle nostre escoriazioni. Ma dopo qualche giorno, inquadrato il Battaglione di marcia nel 14° Reggimento, ritornammo ad Asti ove fui destinato quale istruttore nel nucleo ciclisti. Dopo breve permanenza si riprendeva la via della fronte, ove il 3° Battaglione ciclisti ci attendeva dopo la gloriosa conquista di quota 144. Il Carso era divenuto la nostra dimora ed il tenente Garzo, che già era stato mio buon commilitone a Roma qualche anno prima, mi voile in seguito nella sua compagnia, la undicesima, la compagnia che rifulse della gloria di Enrico Toti. I topi e la mia pagnotta. Da S. Canziano, nostro abituale accantonamento durante le alternate soste dalla trincea al riposo, fummo spinti a Monfalcone, e in attesa di salire alla quota 144 ci fecero prendere posto in una comodissima trincea blindata in cemento. Non era il caso di nutrire timori nella medesima perchè le linee nemiche distavano qualche chilometro e quella era, oltre che di sicurezza, una trincea di riposo. Ma per quanto ci si stesse bene era infestata da grossi topi che colle loro rincorse ci davano motivo per le più sane risate e per i frizzi più ironici. Conservavo gelosamente nel mio tascapane la pagnotta che mi avrebbe servita l’indomani sulla quota 144, giacché prima dell’alba si doveva prendere posizione in cambio di altro battaglione, e stavo bene