46 sistei anche allo scoramento finché nella notte mi assopii. Non era però suonata la mia ora perchè su me vegliava la pietà e la scienza medica del tenente Castello. Per tutta la nottata non mi si scostò un istante e le sue cure ed il suo grande cuore di soldato valsero a rimettermi in vita. Al mattino ripresi la conoscenza. Rividi il mio salvatore un po’ assonnato ma fiero e soddisfatto del suo dovere che fu oltre ad ogni umanità. Mi infuse coraggio ; avrei voluto in quell’istante ardentemente abbracciarlo, avrei voluto esternarle la mia riconoscenza, ma alle sue paterne parole non osai muovermi dalle coltri che nella notte tennero avvolto il mio corpo inerte. Da quel mattino ripresi, se pur lentissimamente, il cammino della guarigione che rafforzò in me quella che deve essere una imperitura gratitudine. Lacrime paterne. I miei primi scritti ai famigliari non contenevano nulla di grave, una leggera indisposizione, pochi giorni di degenza e poi avrei ripreso la mia dura vita di combattente. Celavo la gravità della mia situazione fisica, come sempre celai in trincea lo svilupparsi del morbo che per quasi due mesi mi doveva costringere all’inerzia. Intanto l’attesa di mie più soddisfacenti notizie sulla mia salute rendeva non troppo confortevole questo frattempo, e mentre i giorni passavano stentavo assai a riprendermi. Solo quando ebbi sentore che ogni guaio era scomparso e che nessuna complicazione avrebbe gravato sulle mie membra scarnite rivelai la verità. Mio padre non pose tempo