88 reva irradiasse di tricolori il campo della lotta, pareva dovesse infondere in noi nuovo vigore e nuovo impeto, mentre su questa terra arsa di fuoco si stava per schiudere la via della più bella e più grande vittoria. Eravamo stanchi, cenciosi, con l’aspetto selvaggio e fanatico. Profonde rughe ci solcavano le guance quali testimoni di immani sofferenze e di privazioni. Si sopportava tutto con grande forza d’animo, con stoicismo senza pari. La sete era più terribile del giorno prima, eravamo insomma gli uomini del deserto ove si combatteva una duplice battaglia. L’artiglieria austriaca aveva intanto allungato il tiro, tentando di sbarrare il passo ai nostri rinforzi qualora questi si fossero mossi in nostro sostegno. Era il momento più critico della giornata ; era la situazione a repentaglio della sorte. Intanto numerosi scaglioni di truppe nemiche scendevano, ci serravano più da presso e, sotto la nostra fucileria, sprezzavano pur essi la vita. La battaglia volgeva con vigore e piena di incognite, ma rimanemmo fermi, se pur convulsi, con il cuore in gola. Ma non tardò a lungo l’attacco decisivo che una fiumana urlante si scaglia su di noi per essere trafitta e sbaragliata. Gli austro-ungheresi ritentano poco dopo con maggiori forze e con pari impeto, e subito la lotta delinea tutti i suoi orrori. I cannoni da ambo le parti maciullano orrendamente ; le mitragliatrici crepitano micidiali mentre la fucileria e le bombe a mano fanno strage di chi si avventa in un supremo atto di disperazione. Il terreno incominciava a ricoprirsi di cadaveri, ed i feriti più gravi invocavano Dio e la mamma.