60 bagneranno col sangue la via della vittoria, mentre più avanti si svolgerà la mischia furibonda. Comandava il Battaglione il capitano Comolli di Stradella il cui, ad un suo cenno ci annunciava che la grande ora era vicina. Ognuno guardava la meta fissata con il cuore, ed un brivido di emozione si denotava nel viso di tutti, mentre qualche ferito più grave, presago della prossima fine, invocava la mamma. In quell’inferno non si vedeva che morte e gloria, non si udivano che rombi e gemiti. Intanto nel frastuono assordante una voce scatta secca ; è quella del capitano Comolli, tosto ripetuta dagli Ufficiali che, con il sacramentale avanti, scuotono dal letargo il Battaglione. Era il momento più critico, si saltò la trincea come un sol uomo, e sotto una pioggia di proiettili d’ogni sorta ci avventammo sul nemico. La mia compagnia, la 11a, ne fu la più provata : il tenente Garzo, che la comandava, veniva ferito poco dopo, il tenente Martini subiva la medesima sorte ; restammo alfine senza ufficiali. Pur tuttavia travolgemmo il nemico come un uragano. La lotta è stata breve ma sanguinosissima. Gli austriaci furono presto sopraffatti e volti in fuga in una trincea retrostante. Di fronte per la prima volta vedemmo Iamiano distrutto e di un aspetto quasi fantastico nella sua solitudine. La meta era là, si doveva proseguire, ma gli avversari, protetti dalle batterie del Duino e dell’ Hermada, non si dettero per vinti, ritornando alla riscossa con un contrattacco impetuoso ed in forze, respinto però dopo altra breve e furiosa mischia. Restammo padroni della situazione, ma per le gravi perdite subite desistemmo di attaccare oltre.