96 Bacio di Colonnello. Dal 26 Maggio la mia guerra era virtualmente finita, ma sebben lontano da dove infuriava la mischia, ove era tutto il cuore d’Italia che pulsava, non si staccava di colà la mia mente ove, spesse volte nello spasimo della lotta con il cuore contratto verso forse l’irrangiungibile, senza iattanza, oscuro e dimenticato, senza pretese, ma con sola fissa la visione del dovere conobbi un po di gloria, e varie volte il mio sangue aveva posto le sue traccie sulle pietraie del Carso e sulla fronte Giulia. Ero arrivato a Livorno verso la fine di Giugno solo, malinconico. Non era quella la mia meta, ben abituato ad una vita più movimentata alla monotonia del Deposito. Mi pareva di non essere più un Bersagliere ma uno scalcinato che nulla più si poteva chiedere se non delle mansioni che avrebbe sbrigato un ragazzo od un vecchio qualunque. A queste deprimenti note dovevo però convincermi che benché mi sorreggesse uno spirito ferreo, mi dovevo adattare e soffocare spesse volte il pianto, minorato per sempre, ma con serrata l’esultanza del combattente che non ha mai indietreggiato di fronte al nemico. Avevo da pochi giorni levate le bende alla mia ferita, ma non ero guarito come mi pareva di esserlo a Modena perchè strani disturbi, continui capogin e violente scosse nervose mi rendevano triste e scoraggiato. Qualche giorno dopo però fui chiamato in Ufficio del Colonnello Polito comandante del Deposito, ne era a conoscenza che avevo partecipato all’azione delPHermada e ne voleva diretti ragguagli di come