VII! PREFAZIONE Con ambizioso orgoglio egli proclama, agli inizi della sua carriera ufficiale di idraulico, che « parte di questa intelligenza 1’ ò acquistata per le continue mie fatiche, a mie proprie spese; e ben che io fosse natto in la città di Venetia et arlevato in Chioggia tra marinari e pescatori, ben che io tenessi altro esercizio, pur mai in tal maniera ho voluto fidarmi di raggionare, se prima non ho con la pratica intesa la cosa a mio modo ». Egli infatti fa 1’ entrata solenne nell’ arringo delle discussioni idrauliche colla scrittura del 1536, sulla materia di regolazione della Brenta, abbozzando, senz’ essere richiesto e consultato, i primi lineamenti della sua concezione; e questo spontaneo intervento richiama su lui l’attenzione. Nel 1537 è soprastante allo scavo attorno al Castel nuovo nel canale fra Vignole e S. Elena ed a Lizzafusina, poi custode dei lavori del castello e del porto di Chioggia, ed infine, quando è già largamente apprezzato per scritture, nelle quali ha abbracciato in visione d’insieme il problema lagunare, è chiamato a coprire, nel 1542, il posto di proto dell’ ufficio delle acque. Da quell’ anno fino alla morte, che certo risale al 1560, da solo od in collaborazione degli altri tecnici, di cui 1’ ufficio amava prudentemente circondarsi per fronteggiare la gran somma di lavoro, che su esso convergeva, o per ponderare le sue decisioni, è 1’ artefice di un momento di laboriosa e grandiosa attività. Ed in questo periodo matura e sviluppa anche quell’ attività scientifica, che egli affida e consacra in scritture divenute classiche e sono raccolte nella presente silloge sulla scorta degli autografi conservati nella busta 231 dei Savi ed Esecutori alle acque, nell’Archivio di Stato di Venezia, e nel Codice Marciano ital. IV, 485, ad eccezione della prima tratta dal codice udinese e della IV dal cod. 58 A, 4, 15, del R. Magistrato alle Acque. 2. — Il Sabbadino non è un teorico, e tanto meno un teorico, che crea una scienza o della scienza coordina i primi imperfetti vagiti. È essenzialmente un pratico, che si compiace però di coonestare le applicazioni pratiche ad una educazione teorica della mente. Egli si affatica a risalire dall’ osservazione empirica alla spiegazione astratta, per ritrovare in essa la giustificazione della risoluzione concreta dei problemi, che stanno dinnanzi al suo esame. Empirico nella pratica, è altrettanto empirico nella valutazione scientifica dei fenomeni: ma, comunque egli riconnetta questa a quella, la sua posizione mentale è quella di colui, che si sforza di ricercare le cause delle manifestazioni esteriori ed apparenti dei fatti in una legge invisibile, che ne regola il comportamento, per orientare le soluzioni in armonia e in dipendenza della legge stessa. In questa guisa, ed attraverso questo processo metodologico, la pratica ha le proprie radici nella teoria, e questa è norma e guida per l’attuazione di quella. In verità le conoscenze teoriche, nelle quali egli si aggira, non sono molto ampie, nè affatto peregrine, perchè l’insegnamento teorico è attinto alle conoscenze più diffuse del tempo o a una riflessione su intuizioni di elementi naturali più o meno ragionevolmente interpretati.