214 Il trattato di Rapallo. cialmente dopo la deviazione da Trieste, su l’unico punto di possibile infiltrazione. Anche senza preoccuparsi del danno che potrebbe derivare a Trieste italiana dalla concorrenza di Fiume jugoslava od altrimenti non sottoposta alla sovranità italiana, anche senza illustrare l’evidente danno generale che da tale concorrenza deriverebbe all’economia del retroterra quando con artifizi di nuove linee ferroviarie, di tariffe di favore, di nuovi impianti portuali, di altri provvedimenti estemporanei si volessero spostare per avversioni politiche verso Fiume non italiana traffici e rapporti d’affari con retroterra che hanno a Trieste la loro sede naturale e tradizionale, già organizzata nei modo più economico, giova insistere su questa funzione antigermanica che a Fiume solo l’Italia può compiere, senza pregiudizio anzi a vantaggio del retroterra croato e ungherese. Concorrono a ciò le attitudini naturali e i mezzi tecnici di una «nazione marinara qual’è l’Italia», la quale, mettendo questo suo porto, come anche Trieste a completa disposizione del retroterra naturale, non farebbe aljjo che conciliare, nel modo tecnicamente migliore ed economicamente più vantaggioso, il proprio interesse con l’interesse della naturale propria clientela, senza influenze e dipendenze politiche contrarié alla linea generale comune. Dopo un esame delle concessioni portuarie che l’Italia è ben disposta a fare per garantire gli interessi del retroterra, il documento prosegue : Poiché a Trieste e a Fiume dovranno fare capo territori tedeschi (tanto della Germania quanto dell’Austria), lo Stato czeco-slovacco, i paesi jugoslavi, (Slavonia e Croazia,) e l’Ungheria, è chiara la difficoltà, per non dire l’impossibilità che un’altra sovranità che non sia quella dell’Italia, estranea o superiore alle inevitabili competizioni non solo politiche ma anche economiche fra i vari Stati ora accennati, assicuri ai loro comuni sbocchi al mare quell’imparziale ed oggettivo governo tecnico che è una premessa indispensabile al rapido ed economico sfruttamento dei porti stessi e delle linee ferroviarie e marittime onde dovranno essere serviti. Per quanto si riferisce più particolarmente a Fiume, va negato che questo porto sia dovuto alle esigenze economiche della Croazia. Il traffico della Croazia entra nel movimento complessivo del porto di Fiume (importazione ed esportazione) col solo 7 per cento : il resto s> riferisce agli altri paesi del retroterra e più largamente all’Ungheria. II traffico complessivo della Croazia, Slavonia, Dalmazia, Bosnia e Erzegovina prendeva la via di Fiume appena nella pro-