222 II trattato di Rapallo. credere di trovare in un certo numero di proposizioni un mezzo così semplice e sicuro per risolverli, come con varie unità di misura si possono determinare l’estensione, il volume, il peso delle varie cose materiali. Se io constato che più volte la Conferenza nell’applicare i principii suddetti ha dovuto mutare radicalmente il suo giudizio, non credo con ciò di mancare di deferenza verso quell’alto consesso : al contrario ciò può avvenire ed avviene in ogni umano giudizio. Voglio dire soltanto che l’esperienza diretta ha dimostrato tutte le difficoltà che s’incontrano nell’applicare un principio, per sua natura astratto, a casi concreti di infinita complessità e varietà. Così io, con ogni deferenza, ma con grande fermezza, non ritengo giusta l’applicazione che il messaggio presidenziale fa dei suoi principii alle cose italiane. Io non posso, in un documento di questo genere, ripetere le dimostrazioni analitiche che già furono date con grande larghezza : dirò soltanto che non tutti potranno accettare senza riserva l’affermazione che lo sfacelo dell’impero austro-ungarico importi una riduzione delle aspirazioni italiane. Sarà lecito invece d» credere il contrario : e cioè che proprio nel momento, in cui tutti i vari popoli di cui quell’impero constava cercano di coordinarsi secondo le loro affinità etniche e naturali, il problema sostanziale che le rivendicazioni italiane pongono potesse e dovesse completamente risolversi. Questo è il problema adriatico, in cui si riassume tutto il diritto dell’Italia, l’antico ed il nuovo; tutto il suo martirio nei secoli, tutto il bene che essa è destinata a recare nella grande convivenza internazionale. Il messaggio presidenziale sente la necessità di affermare che con le concessioni in esso contenute, l’Italia abbia raggiunto la muraglia delle Alpi, che sono la sua difesa. È questo un riconoscimento di una grande importanza, quando, tuttavia, di questa muraglia non si lasci aperto il lato orientale e si comprenda nel diritto dell'Italia quella linea del monte Nevoso, che separa le acque che corrono verso il Mar Nero da quelle che scendono verso il Mediterraneo, di quel monte, che fin da quando la prima nozione d’Italia passò dalla geografia nel sentimento e nella coscienza dei popoli, fu dai latini stessi appellato il « Limes Italicus ». Senza di ciò si lascierebbe in quella mirabile barriera naturale delle Alpi una breccia pericolosa e si infrangerebbe quella indiscutibile unità politica storica ed economica, che è la penisola dell’Istria. Ed io penso ancora che è proprio colui il quale può vantare come sua legittima ragione di fierezza di avere proclamato al mondo il diritto di auto determinazione dei popoli, questo diritto abbia a rico-