108 Il trattato di Rapallo. continua minaccia alla integrità della propria vita fìsica, della persecuzione sistematica, della più crudele e barbara tirannide per la quale, onorevole Sforza, me lo lasci dire, il ricordo dell’Austria si perpetua e si peggiora nell'opera attuale dei Jugoslavi, insediatisi in uni città come Spalato, che non soltanto ha insigni memorie di splendida latinità e italianità, ma che oggi stesso, pur sotto il peso della oppressione straniera, della violenta snazionalizzazione che le è imposta, dà 8 mila soci alla Dante Alighieri, e 12 mila, la metà precisa della sua popolazione, alla Cooperativa italiana. Dalle parole dell’onorevole Sforza traluce la speranza, quasi la fiducia, che, limitando le nostre aspirazioni unicamente alla frontiera giulia, fino al Quar-naro, noi possiamo facilmente, sollecitamente arrivare all'accordo coi Jugoslavi. Ora io chiedo al conte Sforza che, prima di compromettersi comunque con una specificazione concreta del suo pensiero in proposito, egli rifletta se davvero col pregiudicare irreparabilmente così il diritto e le aspirazioni sacre della nostra Nazione si possa anivare al risultato per il quale metterebbe conto di fare qualche sacrificio: cioè a un vero, duraturo, fecondo accordo con la gente vicina. Io non lo credo. Fino a prova contraria, Sebemco e l'arcipelago dalmatico sotto il controllo militare dell'Italia, Cattaro e il Lovcen neutralizzati nel possesso del ricostituito Montenegro, che anch’esso soggiace ora a una sanguinosa oppressione, non meno feroce e non meno nefanda. queste condizioni devono costituire la base inderogabile del nuovo assetto dell'Adriatico.