16 II trattato di Rapallo. garanzie, che invece l’Italia assicura, di rispettare quivi ciò che è appunto la voce augusta della storia, e che caratterizza con indistruttibili ed inconfondibili segni di civiltà latina e veneta la vita di tutta la Dalmazia. Ma io non credo alla possibile attuazione dello Stato dalmatico, e so che i Dalmati non ta vogliono. La Dalmazia, con l'Italia, rifiorirà liberamente nel nesso naturale della sua attività intellettuale ed economica. Questa è l’unica soluzione per domani. La Dalmazia, con la Serbia, o con una Confederazione danubiana, sarebbe strumento passivo per nuove e più pericolose insidie che dall’Adriatico potrebbero minacciare la pace di tutto il mondo. Da quanto schematicamente io ho avuto l’onore di esporre alla Camera, una deduzione si può trarre: che una politica italiana deve svilupparsi organicamente nell’azione intemazionale fuori di qualsiasi influenza di altre Potenze, fuori di quelle influenze, cioè, che fino ad ora hanno mirato ad orientare la politica estera italiana secondo menzognere ideologie, più o meno umanitaristiche, le quali in realtà servivano l’egoismo chiaroveggente e astuto degli interessi particolari di altri paesi. L’azione nostra deve esplicarsi particolarmente in Oriente, e sarà sopratutto un’azione economica. È stata vantata l’importanza dell’accordo italo-greco. Per conto mio dichiaro che sono rimasto assai perplesso di fronte alla notizia di quell’accordo, i cui termini, d’altronde, non sono ancora ben conosciuti nè dal Paese nè dal Parlamento. Aggiungo che lo credo nato-morto. Se tale accordo significasse adesione