Appendice. 285 tenere che l’annessione non darebbe origine in questa regione ai rischi nè alla maggior parte degli inconvenienti tante volte preveduti e descritti dai fautori della politica di rinuncie, ed in pari tempo risolverebbe nettamente, con soddisfazione degli stessi elementi fino a ieri a noi ostili o estranei, una posizione nocevole agli interessi della Dalmazia medesima in ragione della propria equivoca incertezza. *** Dalle constatazioni fatte deriva chiara la conseguenza che qualsiasi soluzione, fuori dell’annessione della Dalmazia liberata, nel tempo e nei modi che il Governo potrà decidere meglio opportuni, sarebbe di danno ai nostri interessi strategici ed economici, al nostro prestigio già dolorosamente diminuito, sarebbe non I’ abbandono ma il tradimento di una terra italiana di storia e di civiltà, di una popolazione che ai più puri titoli di italianità aggiunge quelli di una indomita sofferenza e di una fede incontaminata, resistente anche ai dubbi e alle minacce di sgombro ripetute nei 22 mesi seguiti al giorno della liberazione. Anzitutto è da escludere la soluzione, più volte indicata e ammessa come possibile, di Zara città libera. Zara è un puro centro di italianità, ma non è tutta l’italianità della Dalmazia, e qualsiasi confine si volesse assegnare alla città di Zara, imprigionata poi dalla usurpazione jugoslava, la libertà ad essa concessa sarebbe, come noi abbiamo potuto vedere sul posto con gli occhi della imaginazione, una turlupinatura crudele, potuta credere possibile dai così detti esperti americani ignoranti di tutto, potuta forse anche essere accettata dalla Jugoslavia che ne intende l'assurdità, ma che non può assolutamente essere accettata e tanto meno proposta da italiani, i quali avevano il dovere di sapere almeno che i confini, già una volta indicati nelle trattative internazionali, lasciavano fuori lo stesso cimitero della città! Di Zara città libera e di garanzie per i nuclei italiani non si può nè si deve parlare, quando specialmente si consideri quale condizione la violenza jugoslava abbia fatto, senza averne ancora alcun potere e diritto, alla città di Spalato e alle c minoranze italiane » delle altre città dalmate, dove, per esempio a Ragusa, con le sole facoltà derivanti dall’armistizio stipulato dall’ Armée d’Orient la Serbia ha creduto di compiere arbitrariamente il massimo atto di sovranità, cioè la leva. Nè può anche parlarsi di salvare i distretti di Zara e Sebenico, poiché con questa ancor vaga designazione, con la quale si crede di