Appendice. 209 l’unità d’Italia, l’aspirazione costante di questo popolo ad unirsi, nell’invocata ora propizia, ai fratelli redenti. Fatta la storia delle persecuzioni austriache e resistenze italiane in queste regioni, il documento continua: L’irredentismo italiano nacque il giorno in cui la pace del ’66 espiò solo in parte quella grande violenza politica che, compiuta a Campoformio, fu ribadita dal Congresso di Vienna. Occorre, per ridare la pace all’Europa Centrale ed equilibrio all’Adriatico, completare l’opera interrotta nel 66, lacerare anche l’ultimo brandello del trattato di Vienna che sinora contese all’Italia una parte dei suoi figli e minò la sicurezza del suo confine adriatico in terra e in mare. A ciò ottenere è necessario portare il confine del Regno d’Italia al displuvio delle Alpi Giulie che il documento descrive. Solo con questo confine si chiude la « Porta orientale d’Italia », si sbarrano quelle che furono chiamate le « abituali strade dei barbari », si dà applicazione anche ad oriente al criterio che impone a settentrione il confine italiano del Brennero. » Dimostrata la unità storica e geografica della Venezia Giulia, la relazione soggiunge : « Gorizia, Trieste, Pola, Fiume, centri di maggiore importanza, sono italiane, anche a non pensare al passato, nella stragrande maggioranza dalla loro popolazione presente accertata dalle stesse statistiche ufficiali del governo austriaco ed ungherese. Italiane le città e borgate minori, italiani larghi centri rurali la cui esistenza economica e civile forma un tutto inscindibile con quella delle città. E poiché tali centri alla costa e all’interno sono tutti incontestabilmente italiani e dominano la vita morale e materiale di tutta la regione, non può non essere riconosciuto se non all’Italia il possesso totale della regione non solo per le ragioni superiori della sua difesa orientale, della storia, della civiltà, ma anche più propriamente per le leggi dell’economia del Paese e per il benessere stesso della sua popolazione senza differenza di nazionalità. Anche all’infuori della sicurezza militare e della compattezza geografica indispensabili, un confine di transazione, un confine che non si appoggiasse ad elementi di terreno ben definiti, non potrebbe nè risolvere completamente il conflitto nazionale che si teme dall’inclusione di minoranze slave nel nostro confine, nè avrebbe alcuna solidità economica. Gli sbocchi naturali delle zone montane slavizzate (del resto poco densamente abitate) sono la pianura veneto-friulana e i porti italiani della Venezia Giulia, da Trieste a Fiume. Se codeste L. Federami — 14