116 Il trattato di Rapallo. oggi, dopo due anni di occupazione delle nostre armi, dopo due anni di angosciosa trepidazione fra la speranza del definitivo ricongiungimento alla madre patria e il timore del minacciato abbandono all'oppressione serba. Prescindere da una tale realtà nella valutazione di una ipotetica soluzione transazionale del problema adriatico significava e significa non soltanto confessare una propria pietosa insensibilità patriottica che implica, necessariamente, una correlativa inferiorità intellettuale e morale, ma soprattutto precludersi la via verso una qualsivoglia soluzione del problema medesimo: elemento essenzialissimo del quale, anche da un punto di vista pratico, di politica empirica e contingente, deve ritenersi la esasperata passione nazionale dei Dalmati. Esasperata oggi ; che potrebbe essere disperata domani e indurli ad atti disperati. Supponiamo che p>er un diverso disegno politico si p>ossa p>assar sopra ad una simile tragedia, ossia che l'agognata amicizia di Belgrado e la vasta espansione commerciale nella Bal-cania e verso il Mar Nero, che ci si ripromette da essa, valgano più della fedeltà dolorante di quei tenaci epigoni di S. Marco. Ma la tragedia c’è, e non è lecito volerla ignorare. Invece il programma del Governo dal 4 novembre 1918 in px>i. attraverso l'op»era p>ositiva e negativa dei gabinetti che si sono succeduti alla direzione dello Stato con moto uniformemente accelerato di progressivo abbassamento dello spirito e del valore intemazionale della vittoria italiana, il programma del Governo, dicevo, per quanto concerne la Dalmazia è stato semplicemente questo: fingere d’ignorarla.