il mondo, con creazioni nelle quali la grazia si univa ad una singolare potenza di espressione, in una meravigliosa festa di colori. I suoi quadri hanno trovato degna dimora nei principali Musei e Gallerie d'Italia e d Europa : molti, troppi, esularono in America. Mariano Fortuny, junior, nato a Granada, crebbe in quell’ambiente suggestivo d'arte e di bellezza, e fu pittore delicato ed espressivo. Ma una naturale inclinazione lo spingeva a differenziarsi dai suoi predecessori e maestri, per battere nuove, non consuete vie, a cercar un contatto più fecondo fra l’arte e la vita. Cosi fu nei tempi nostri migliori, che vanno dal primo rinascimento, al settecento, quando il genio degli artisti non si fermava alla tela ed al marmo, ma cercava armonie in tutto quanto ci circonda, nella chiesa e nella casa, nei mobili e nei gioielli, nei paramenti sacri come nelle vesti. I suoi tentativi giovanili mirarono a questo; e quando nel 1900, ardì dipingere un mantello per la protagonista del Tristano ed Isotta, alla « Scala » di Milano, fu subito una rivelazione, un successo clamoroso. Oggi, la pittura per decorare i costumi teatrali, è diventata di uso quasi generale; ma è giustizia ricordare che il creatore di questa suggestiva applicazione della fantasia pittorica, primo e maestro agli altri fu il Fortuny. Dopo il primo successo, egli continuò nelle sue ricerche con ardore e metodo : e furono anni di studi pazienti, nei quali la precisione dello scienziato era freno agli entusiasmi ed alle impazienze dell'artista. Gli fu collaboratrice preziosa la sua gentile Signora : i Fortuny fin dal 1907 raccoglievano la sospirata vittoria, perchè avevano trovato nuovi modi di stampare, ed avevano creato di sana pianta l’industria della decorazione e doratura solida, delle stoffe stampate a mano, su processi speciali. Si trattava allora principalmente di sete e di velluti di seta. Nel 1909 applicarono felicemente le loro scoperte anche al cotone. * * * II Fortuny, aveva ridato a Venezia, insomma, in forme del tutto nuove, uno dei vanti suoi, nei secoli migliori, quando la città dei dogi offriva al mondo « velluti, rasi ed i damaschi, i broccati di maggior altezza. p>ù fini e di maggior durata, che si sapessero allora produrre »; arte cui avevano prodigato le loro attenzioni e cure i sommi artisti del rinascimento, e fra altri (come nota Guido Marangoni in suo articolo sulle stoffe stampate da Fortuny, pubblicato in Le Arti Decoratine, in occasione dell’Esposizione di Monza del 1924) Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, il quale, figlio di un tintore, aveva imparato « nella morbidità delle sete e delle lane, le tinte festose e smaglianti, più tardi