anH ville, tanto caratteristiche e belle, i quali non sieno o diroccati, o cor vertiti in magazzini; non c‘è più un appezzamento di terreno che con servi la ricchezza dell'antica vegetazione; e gli alberi sono pressocl -lutti scomparsi... » Il de Maria aveva acquistato il palazzo Minelli. contiguo alla ctuc dei tre occhi, nell'intento di salvare almeno quello dalla rovina delle costruzioni vicine. Villa Minelli. bella costruzione della decadenza, che deve la sua fronte severa sulla fondamenta al disegno del Longhena, e quella interna verso gli orti, forse, allo Scamozzi; villa famosa per nobiltà di fasti e di tradizioni, e la cui maggiore ricchezza erano gli orti superbi. •' ampi non meno di un chilometro quadrato, che le schiudevano la vista sull'incomparabile giro della laguna. Quel terreno degli orti Minelli. era anticamente diviso cosi : dalla villa alla laguna. partiva un grande viale fìan cheggiato da alberi, e nel mezzo di esso viale si apriva un'ampn rotonda, che formava il centro del fondo, e dalla quale si diramavano a raggi, altri otto viali minori. Al tempo degli austriaci, quel terreno era diventato Campo di Marte, ed i viali minori erano scomparsi, rimanendo solo intatto il viale principale, ricco di ben 180 alberi vetusti. — Poi quel terreno era passato al Genio Militare. Avendo sentore che il Genio Militare voleva disfarsene, il de Maria era entrato in trattative per acquistarlo, onde ridune il sito all’antico splendore; ma il Comune si fece avanti, e lo fece suo per diritto di prelazione, onde destinarlo ad usi industriali e per case popolari. Li presso aveva posto la sua fabbrica di ghiaccio artificiale, il Tanner. Mario de Maria non potè vincere la sua bella battaglia : i tempi non erano ancóra maturi per una piena rivendicazione dei diritti della nostra Giudecca. Ma resta ad onore dell’eminente artista, che egli abbia tentato di opporsi all'andazzo dei tempi, e come egli abbia compreso ed affermato che la Giudecca è una delle parti più belle, e quindi più degne di considerazione e di riguardo, della Venezia nostra. Marti» Pictor