modo anche più simpatico e geniale. In quel suo amato giardino, sotto ì pergolati delle belle viti, fra le fragrantissime rose ed i candidi gigli della Madonna, con in vista, poco oltre, i severi cipressi vegetanti all'ombra del tempio del Redentore, e di fronte, l'immensa laguna, che pareva spingersi lontana, nei giorni di chiarità e di sole, fino ai lontani colli F.uganei, Mrs. Eden appariva come il genio del luogo, come la creatura viva che dava anima e splendore a tutte le cose belle che la circondavano. La sua gentilezza ed affabilità nel ricevere e nel l'accommiatare ogni sor*a di persone, d'ogni età e nazionalità e d'ogni grado e d’ogni temperamento, erano tali che la sua presenza e la sua conversazione formavano una delle migliori attrattive per gli ospiti, ed erano degno complemento della bellezza del sito ». • • • Altro argomento sentimentale, nel giardino Eden, i cani. Quante di queste bestiole si sono succedute nella custodia del Paradiso terrestre della Giudecca, nei lunghi anni di vita dei coniugi Eden? Contate le lapidi marmoree delle tombe, situate in un «largo» ombroso del giardino, e voi ne conoscerete il numero, ed i nomi e le virtù insieme. Riporto, tradotte daH'inglese, secondo il testo di Enrico Massa, tre di queste epigrafi : n Cochy, diletta Cochy, nata, ah che piccola carina, il 18 marzo 1897.morta, o che pietosa cosa, il 26 dicembre 1908 ». i< Jerry, diletto Jenyl N. 1897. Affettuoso, leale, galantuomo, egli nulla fece mai di male, nè udì mai una dura parola ». » Bisetta, piena di grazia e leggiadria, di amorevolezza e di capriccio, essa ebbe la cita con la morte di sua madre, e mori a sua colta, povera cara, a sei anni a. Queste diciture rivelano di per sè l'animo, il < pathos» dei padroni. E si potrebbe giurare che. al contrario delle epigrafi fatte in onore ed a memoria degli uomini, queste epigrafi di cani sono vere e sentite. • • • • Del giardino Eden fu spesso visitatore ed ospite D'Annunzio, che lo ricorda più volte nelle sue opere. Mi piace riportare quanto egli scrive nella «licenza« della sua «Leda senza cigno». Il poeta parla a Chiarocao :