212 DISCORSI DE IL SABBATTINO ECC. sono pescagioni, che si affittano, serà privo di tanto bene, perchè, mancando il terzo delle entrate pubbliche, il resto non serà bastevole a mantener li litti tanto necessari, pagar li rettori, offitiali, spese pubbliche e gravezze consuette. Infelice (haimè ! che ’1 dico con le lacrime negl’ ochii), che infelice, infelicissima dico, che, havendola il signor Dio situata con la sua signora in città e fortezza della laguna con mure di acqua, che la debbi andar tutta in terraferma et in canedo e che al suo bene non vi sia altro remedio che il cingerla con muri di pietra, ma peggio che, ponendovi al porto suo tutta la Brenta e nova e vechia, il Bachigione, il fiume Musone, e facendossi sboratori per il Bachion per condur tutte le sue montane, torbide, al suo porto di Brondolo, come aricorda esso magn.co Cornaro, e consiglia et aricorda che ’1 si facia per liberar il Piovato, non solamente essa città si priva della sua laguna e si pone in terraferma e canedi, ma si priva de l'acqua salsa de tutti doi li sui porti, in molto pegior condi-tion, che non è Cittanuova, già detta Eraclea, Jesulo, Lio Mazzor, Mazorbo, Torcello et Are, con la perdita in tutto e per tutto della navigation di Lombardia, la qual si fa per essa città per un canale, che tiene il nome di canal de Lombardia. La qual nave-gation rende un gran utille alli poveri pescadori, marinari et artesani, corno remari, squeraruoli e cordaruoli. E la causa de tanta perdita la dirò. Non niega lui che la terraferma non sia per conzonzersi cum fi litti al porto di Brondolo, nè lo puoi negar, perchè fin hora per il Bachion sollo, posto in esso loco, non è lontano dal fitto passa 200 in circa con uno piciolissimo canale, là dove già anni 12 vi era largezza de miglio uno et mezzo dal continente al fitto. Ponendovi anco al porto di Chiozza tutte le acque soprascritte, Musone, Brenta et le macre del Bachigione, quelle si farano bone rive e non da una banda sola, com’ ei pensa, ma da tutte doi, com’ ei dice che se ha fatto la Brenta per il canale di Montealbano. E l’acqua dolce serà serata nel mezzo di esse rive, nè lui lo niega. Et ecco Chiozza serata tra acqua morta, perchè dal suo porto non potrà haver acqua salsa, nemeno dal porto di Brondolo. Non scio com’ essa città serà in miglior condition, di quel che la s’ atrova al presente, corno lui dice che la sarà. Non era Eraclea, se le istorie venete non mentono, et Jesulo tutte doi cittade in laguna ? Et chi le ha poste in canedo et nel tristo sitto che sono ? Dirà lui, il mare. Ma non è così, perchè la Piave da un latto e la Livenza da 1’ altro hano causato questo malie. Non erano venuti Mazorbo e Torcello in pessimo aere con grandissimi canedi? Questo non si puoi negar. E chi ne è stato causa? Il mare? Non già, ma le acque dolci del Siile, Dese e Zero, da poi che ’1 fu posto un ramo di esso Sii ad istantia de sign. Bartholomeo d’ Alviano in essi lochi per la taià, e solo per abreviarli il viaggio, e da poi che furon fatti li molini a Mestre, che esse acque fi furon condotte adosso per la cava nuova, che discore da Mergera al Dese. E benché ei dica che non sono torrenti, ma fiumi, che nascono da fontane e non poleno atterrar, certo che molto se ingana, perchè la perditta delle lagune, che si fa, non si fa solamente per la torbidezza degli fiumi, ma con il nascer degli canedi, li quali si causano dal messedarsi l’acqua dolce con la salsa, che è la pura sperma da canedi. Dico più, che non solamente 1’ acqua della fiumara, mescolata con la salsa, fa nascer li canedi, ma la pioggia ancora. E questo si vede nelle vigne et horti, che sono a lungo li fitti, lontani dalle fiumare, che la pioghia, la qual retengono negli loro fossati il tempo, che non si poleno scolar per li buseni, quella fa nascer gli canetti per quelli. Et corno si sono causate le tante barene, che al presente sono di sotto dagli arzeri, che discoreno dal Sio-cho al Dese ? Quelle son causate principalmente per el nascimento degli canedi, nelli quali entrava anco la torbidezza, che si causa per la laguna dagli venti in tempi de acquaizze grande, le quai con il maresino comoveno il fondo delle velme, con le ere-