248 ANTE TRESIC FAVICIC allora, correva gravissimi pericoli; occorreva un atto d’intimidazione per impedire ai realisti di scatenare a Parigi la controrivoluzione e ai nemici esterni di approfittarne. Tutto era in gioco. Ora Danton aveva giurato di saivare la Rivoluzione o di cadere. Nondimeno ecco che cosa dice di lui e della sua attività in quella contingenza Carlyle, non certo sospetto di simpatie per la Rivoluzione francese : « Nemmeno uno dei nemici personali di Danton perì in quei giorni » (The Fr. R., Ili, pagina 60, parole citate dalla « Biographie des Ministres » pag. 97). A pag. 300 dello stesso volume Carlyle scrive : «E’ facile imaginare la profonda, reciproca incompatibilità che divideva i due uomini; e il terrore e l’odio femmineo con cui questa povera Formula verdemare (Robespierre) guardasse la mostruosa, colossale Realtà (Danton) diventando sempre più verde contemplandola. La Realtà, per contro, si sforzava di non pensare male di codesto principale prodotto della rivoluzione; tuttavia sentiva profondamente che non si trattava se non di un otre di superbia, gonfiato dai vento popolare; non di un uomo con anima d’uomo, ma di un misero, spasmodico, incorruttibile pedante, con una formula logica al posto del cuore; di una natura gesuitica o da parroco metodista piena d ipocrita sincerità, d’incorruttibilità, di virulenza, di vigliaccheria; ma sterile come il vento d’oriente. Due siffatti prodotti principali erano troppi per una rivoluzione».