32 ANTE TEESIC PAVICIC folla del medesimo sangue e dell’ identica lingua, protagonista del dramma non meno del Frate. Niente affatto preoccupato della messinscena, PAlessi si chiede se a loro volta Shakespeare e Goethe se ne preoccupavano scrivendo i loro drammi. Questa moncuranza di Shakespeare non lascia forse al poeta la più ampia libertà nel senso che gli consente di sviluppare le risorse della fantasia, non sostituibile dalla più lussuosa messinscena? Va da sè: l’autore non ne deve essere schiavo, ma non è male se cura anche le forme della rappresentazione, purché non a spese della libera fantasia. Egli non vede i personaggi che crea in uno spazio utopistico inesistente, bensì nel suo intelletto; e se il suo pensiero poetico è nella realtà, la riflette fedelmente. Così almeno ragioniamo noi, che non siamo seguaci dell’ idealismo filosofico tedesco e non giuriamo nel nome di Fichte e di Hegel. E’ in questo spazio, dunque, che l’autore segue ogni movimento dei suoi personaggi, ne nota le espressioni e, dentro queste, ne coglie l’anima, e, nello stesso tempo, le reciproche posizioni e l’ambiente. Se ciò gli sfugge, la fantasia gli fa vedere fantasmi ed ombre impossibili a realizzarsi sulle scene.