IL TEATRO DI RINO ALESSI 235 sato fra i capi, lo incitava all’azione quando lo vedeva titubante per paura delle conseguenze. Per quanto gli storici ne accentuino il carattere disinteressato, la parte ch’egli ebbe nella morte di Danton appare molto sospetta. Senza la sua risolutezza, Robespierre non avrebbe osato chiedere al Comitato di salute pubblica la testa di Danton. Saint-Just sapeva ch’era questo ch’egli voleva e lo zelo che portò nell’orrenda faccenda fa pensare che la grandezza di Danton fosse anche per lui una spina nell’occhio. Couthon, al contrario, è una vile e bieca creatura, un mostro fisico e morale: « nam natura foras quod latet intus agii ». Questa belva gode del sangue e obbedisce ciecamente a ogni ordine di Robespierre, forse perchè, come lui, è incapace di amare. E’ da stabilire pertanto principalmente se Robespierre sia stato davvero sitibondo di Dio. Chi ha veramente sete di Dio non può aver sete di sangue, nè di popolarità, nè di alcun’al-tra vanità. Non deve invidiare nessuno, ma essere felice della felicità e della grandezza del prossimo. Amore di Dio e fede non si conciliano con la crudeltà e l’invidia. La divinità non può gradire nemmeno la violenta imposizione della fede, poiché la forza è propria del mondo fisico e l’amore del mondo spirituale.