IL TEATRO DI RINO ALESSI 201 Caterina. — Barone di Pardaillan, conosco questo linguaggio. E’ nella bocca di tutti i nostri vassalli. Che cosa vogliono i principi di Francia? Il bene del Re. E’ chiaro. Ma è anche chiaro che ciascuno serve il Re se il Re lo serve. Enrico di Condé (con fermezza). — Maestà, noi vogliamo giustizia. Caterina (sorrìdendo). — Giustizia? E per chi? Enrico di Condé. — Colui che ha tentato di assassinare l’ammiraglio Coligny deve essere punito con la morte davanti al popolo. Caterina. — Voi amate la giustizia precipitosa. Non sono forse andata ccl Re al capezzale del ferito? Pardaillan. — Perdonate, ma sono molti, troppi che non credono alla sincerità dei vostri sentimenti. Caterina. — Barone, qui si festeggiano le nozze del Re di Navarra. E’ uno dei vostri; sposa mia figlia. Che volete di più?... Guardiamoci negli occhi. Voi siete uomini armati; io sono una donna inerme. Ma non vi temo. Siate sinceri, come si conviene a prodi francesi che sanno odiare il nemico e servire la propria causa. Io so che alle porte idi Parigi sono sempre pronte le vetture, i cavalli e le scorte armate. Si attende il momento per impadronirsi del Re e della Regina Madre e rinchiuderli in una delle vostre fortezze. Ma le catene che avete preparato per noi hanno fatto la ruggine. Se in mezzo a tanta allegrezza e festività non vigilassero gli occhi e le orecchie di colei che voi odiate, voi tentereste il colpo questa notte stessa. E fareste del legittimo sovrano di tutti i francesi il vostro fantoccio. Enrico di Condé. — Il Re era nostro, voi lo avete co stretto a mancare alle sue promesse. Caterina. — Monsignore; il Re non serve Calvino; il Re serve la Francia. Pardaillan. — Maestà...