IL TEATRO DI RINO ALESSI 165 trattarsi di creatura umana ma piuttosto di un essere creato dalla potente fantasia dell’autore. Nemmeno qui il drammaturgo ha trovato bell’e pronti i colloqui di Teresa con Federico, con la principessa Jablonotwska, con i potenti della Corte di Vienna, col giudice Mèn-ghin, col vecchio conte Vitaliano Gonfalonieri. L’autore li ha formati sulla scorta della logica e con tanta acuta intuizione da dare ad essi l’aspetto di storia vera. Vedendo Teresa sulla scena può sembrare che prodigi simili non siano possibili; ma quando la sentiamo parlare con accento così semplice, commovente, e a un tempo, eccelso, ci si pente di aver denigrato la madre terra, colpevole di tanti errori nell’aver dato vita al maligno genere umano, se poi è capace di creare un’anima siffattamente elevata quale s’immagina possa esistere soltanto in mondi più perfetti, fra gli azzurri cherubini, nei giardini luminosi delle jdee eterne del divino Platone, non ottenebrata dalla forma mortale assunta unicamente per rendersi visibile. Teresa non ha i difetti del marito. Sopporta da parte sua gravi umiliazioni. Mentre il conte Porro, nobile figura del Risorgimento italiano, l’elegante e nauseabondo traditore De C'astillia le fanno la corte, ella non conosce altro amore