128 ANTE TRESIC PAVICIC Tuttavia lo scrisse, magari contro volontà, obbedendo alla logica. Si sa che nella storia, pegli annali e nelle cronache, non esiste il dramma bello e fatto; se ne trova, al più, un arido scheletro al quale l’artista deve dare carne, nervi, tendini, vene, arterie, e, ciò che più importa, la propria anima e la propria vita. Essenziale è ch’egli non mistifichi i caratteri dei grandi personaggi storici, noti a tutti; anche i profani glielo rinfaccerebbero. E’ necessario che s’immerga spiritualmente a fondo nel tempo dell’azione, per farci rivivere l’epoca come se ne fossimo contemporanei. Ora chi potrebbe sostenere che nel Conte Aquila non sia rappresentata fedelmente la lotta sostenuta dall’ Italia per la sua libertà, cinque, sei anni dopo il Congresso di Vienna? E’ un periodo, questo, troppo ricco di fonti per attingere a tutte. Non essendo nè cronista, nè storico, l’autore può sorvolare su molte cose; invano, come si disse, egli cercherebbe nella storia conflitti drammatici pronti e uomini vivi come vivono sulla scena e che soltanto l’artista inspirato è capace di creare. Altrimenti, è ovvio, il drammaturgo sarebbe superfluo. Ma s’egli ha studiato l’epoca e vi ha trovato eroi che lo entusiasmino; se un’alta