334 PARTE TERZA alcuni patrizi veneziani, che si doveva« credere eredi dei romani d’occidente e d’oriente, non passarono certo inavvertiti il ricordo e la tradizione della Grecia antica. Vi furono, anzi, periodi nella storia veneziana in cui l'umanesimo sospinse una schiera di poeti e di letterati (malgrado che i veneziani siano stati ben poco poeti) a celebrare le bellezze classiche ed a piangere sulle rovine dell’Ellade, che cadeva schiava dell’Ottomano (’). Dal Foscolo, il quale vantava Venezia sua seconda patria e aveva cantato « Zacinto mia, che te specchi nell’onde del greco mar... », una tradizione classica di pensiero risaliva alle lontane origini, ed a quei poeti che fantasiosamente avevano rianimato le leggende dei luoghi soggetti a Venezia. Virgilio aveva pur celebrato Leucade ed il famoso tempio di Apollo : « Mox et Leucatae nimbosa cacumina montis » «Et formidatus nautis aperitur Apollo», la « nemorosa Zacintus » e Butrintò : « Protinus aeriàs phoeacum abscondimus arces » « Littoraque Epiri legimus portuque subimus » « Chaonio, et celsam Buthroni ascendimus urbem » (") (') Quando cadde Cipro, un sonetto veneziano, illustrando il tremendo avvenimento, portava questi due accorati versi : « Piangea Venere bella, e seco amore il suo distrutto regno ». QUARTI, Le guerre contro il Turco in Cipro e a Lepanto, 1570-1571, Venezia, 1935-XIII, pg. 554. (“) Butrintò fu reso celebre da Virgilio con la commovente descrizione dell incontro di Enea con Andromaca e con l’indovino Eleno Priamide, LuNZl, op. cit., pg. 296.