264 PARTE TERZA Malgrado questa tendenza bene individuata e difesa che dovette far sentire la sua influenza nei territori dello Stato veneto, diversi elementi si confusero nei domini di oltremare per dar luogo ad una vita letteraria e scientifica autonoma e varia, di diverso colore e a volte decadente, ma spesso improntata ad uno spirito di classicismo che affondava le sue radici nel buon terreno greco e romano. Venezia, qualunque cosa si possa pensare in contrario, se non difese e propagò espressamente e preordinatamente un’idea ed una lingua italiana (e l’idea italiana, quale noi intendiamo, non era ancora sorta) sbarrò le vie ad un processo di corruzione che co! tempo avrebbe gravemente colpito i linguaggi neolatini. È opera infatti di Venezia se il linguaggio veneziano ebbe ampia diffusione in Oriente e se il dialetto dalmatico — dialetto neolatino preesistente al veneto — potè, se non salvarsi, innestarsi nel tronco dei linguaggi veneti (x). Durante i secoli del dominio veneziano fiorirono in Dalmazia e nelle isole jonie diverse accademie economiche e letterarie. Un mondo ideale vario, sorto nei punti in cui venivano a contatto latini, greci e slavi, trovava allora la sua naturale linea direttiva nella civiltà più evoluta, vale a dire nella civiltà italiana. alla istruzione elementare venne esaurientemente confutato nell’opera cria citata del ClAN e nei Documenti per la storia della coltura a Venezia ricercati da E. BERTANZA e riveduti da G. DELLA SANTA, Venezia, 1907, passim. (*) TOMMASEO, Studi critici, Venezia, 1843, 2°, pg. 192. Sulla varietà del mondo dalmatico il Tommaseo ebbe a fare alcune osservazioni. Per le misture di sangue diverse il T. riteneva che l’ingepno dei dalmati tenesse « e della severa lealtà slava e della vivida arguzia greca e dell'ampio senno italiano », pg. 245. Più veneta che non Brescia e Crema valutava, nel sec. XIX, il T. la Dalmazia, op. cit., pg. 347.